Scheda

Numero d'ordine: 163

Data: 7 03 1552

Intestazione: VINCENZO BORGHINI IN FIRENZE A GIORGIO VASARI IN AREZZO

Segnatura: ASA, AV, 14 (XLVIII), cc. 13, 21.

Fonte: Messer Giorgio carissimo et onorando.
Quanto al caso della tavola di S. Benedetto per ora non se ne ragioni più. Noi intendereno più a bell’agio, che e come. E Dio voglia, che ella non sia furia di frati, che si risolva finalmente, come le lor cose per le più fanno, in fumo. Pure questo io intenderò alla giornata e vi aviserò, secondo che giudicherò star bene; e se ben nella prima lettera, che non avete avuta, io vene confortavo, lo facevo però riservatamente, sopra tutto salvando la posta di Roma: ché non vi conforterò mai lasciar il tordo per un pincione.
Quanto al farla in tela, non so che mi dire, perché queste tele, come mostra la esperienzia, secondo la qualità de’ tempi allentono e ritirono; il che togl[i]e un poco di grazia. Pure questi sono ragionamenti in aria, e bisogna aspettare a pensarci non solo per vedere la risoluzione di que’ padri, ma ancora il procedere di questi tempi; che, come io credo, consigl[i]ere’ loro e voi e tutti. E quando accadrà nulla, ve ne aviserò, come ho detto e basti.
Della stanza vostra di Roma io sempre me ne sono sadisfatto, giudicandola, come in fatto ella è, stanza da voi e per arrecarvi utile et onore. Mi dà noia la qualità de l’aria, al che però arete pensato voi e proveduto, in modo che questo non vi abbia a nuocere; dico, fermandovivi voi la state, perché a altri tempi è ottima. Ma sopra tutto bisogna pregare Dio, ché le cose passino bene; ché se questi tumulti durono, ci sarà che rodere e che pescare. In somma e’ ci sare’ bisogno d’un pò di pace, e ogni gran cosa si potre’ poi sperare: non per questo bisogna perdersi d’animo, che le cose aranno, per grazia di Dio, forse miglor fine, che noi non pensiamo.
Io arò caro sapere, quando andrete poi a Roma, perché ho a mente la cosa di Santa Croce; e a quel tempo vorrei fare l’ufizio, cioè far fare al nostro messer Pietro Vettori.
Io vi ricordo quel disegno di quel crocifixo; voi non me l’avete mai mandato; et avendo a tornare a Arezzo, dove credo che l abbiate, ve l‘ho voluto ricordare. Io lo farò colorire a Beceri, se vi parrà di mandarmelo; ma io vi vorrei a’ piè quel Adamo e quel’Eva, inviluppati in quella serpe che ha poi il capo confitto sotto i piedi di Nostro Signore, come sta il Lacoonte o simil modo, come noi ragionamo una volta alle Campora.
Pure tutto questo con vostro commodo et agio. Io sto bene e sentomi questo anno meglio che mi sentissi mai e mi raccomando a voi e agli amici etc. A Dio.
Di Firenze a VII di marzo del '51.
Tutto Tutto vostro
Don Vincenzo Borghini.
Al Molto Magnifico Messer Giorgio Vasari, come fratello etc. Arezzo.

Bibliografia: Frey 1923, pp. 318-319; Borghini, Carteggio 2001, pp. 337-338.