Scheda

Numero d'ordine: 173

Data: 20 08 1552

Intestazione: VINCENZO BORGHINI IN FIRENZE A GIORGIO VASARI IN ROMA

Segnatura: ASA, AV, 14 (XLVIII), cc. 188-189.

Fonte: Magnifico messer Giorgio etc.
Io ho la vostra de’ 5 d’agosto, che mi è stata gratissima, perché è stata lunga, ché non posso aver maggior piacere da voi che aver lettere; e quando più lunghe sono, più mi son care, ma tutto intendo sempre, con commodo vostro.
Ora, ora ora, si è partito da me quel vostro cugino che sta al Monte et hammi in nome vostro visitato, et abbiamo insieme ragionato a dilungo delle tavole vostre, del Bronzino e del Salviato. Né vi dico nulla di più che io mi vi scrivessi per l’ultima, perché sono nella medesima opinione, né mi vi credo ingannare dentro, né son solo; e se altri vi ha scritto altrimenti, io sono certo che voi, quando vedrete, sarete dalla mia, benché voi la vedete ora in spirito e la giudicate.
Andate pur inanzi e fate buon animo e lasciate dire Tassi e Luchi Martini e Benvenuti; che il tempo e l’agio sarà optimo giudice d’ogni cosa e senza passione. E sopra tutto attenetevi pur costì, dove si fa a migliaia e’ scudi; e lasciate abbaiar quaggiù, dove si ragiona di soldi; e parmi vedere, che ci avviamo gaglardamente inverso i miravedis.
Or per tornare al vostro cugino, e’ vi scriverrà lui e vi ragguaglerà benissimo del tutto. E quando voi vedrete poi, che io ho compagni al mio giudizio, io voglo che voi mi tegnate da qual cosa, che Dio vel perdoni.
Voi m’ avete, vi so dir io, per una volta lavato il capo in su que’ disegni. Io per me fui vicino a spiritare, quando io lessi quella parte. A Dio, messer Giorgio. O credete voi, però che io abbi lo stomaco sì guasto, che io non conosca li storni dalle starne? E massime (che per dirla qui fra voi e me) io non credo (da uno o dua infuori), che mi si potessin mandare i peggiori, colpa vostra, che non vi volesti essere; o colpa per dir meglo di lui, che non vi chiamò.
Ma io lodo ogni cosa e ho ringraziato colui, che me gli ha mandati, lodato colui, che li [ha] storpiati, volsi dire stampati, e sonmene riso e passomi tempo; e qui n’ho comperati parecchi da me, ché ho potuto fare a mio modo, che forse non vi dispiacerebbono, che sono intagliati divinamente e altra cosa che cotesti Salamanchi o Tramezzini. Egl’è un certo Suavio, credo Tedesco, che ha disegnato e stampato da sé. Tant’è, per finirla qui; e serviranno, come io vi scrissi, almanco a far baldoria alla venuta del vostro che mi promettete, o come dicevono i nostri antichi, a far falò.
Piero orafo è libero affatto, siché non ci bisogna pensar più; e per vostro amore non s’é mancato né mancherò mai d’indovinare per farvi piacer etc.
E m’accade ragionarvi d’una mia cosa, dove, perché io so che voi potete assai, vi vo’ pregare, che per amor mio vogl[i]ate far piacere a uno amico mio e vostro: questo è un Giorgio tessitore d’oro, il quale ha in mano un drappo d’oro per Sua Santità, con vostro ordine e disegno; il quale io ho veduto in su lavoro, e riesce benissimo et eccellente, perché, oltre al disegno, che nasce da voi, el lavoro è pulitissimo e netto, quanto voi vedrete, perché ne verrà costì il saggio.
Questo mio amico e, come io ho detto, vostro, che vi ama et è affezionatissimo, anzi partigiano delle cose vostre, avendo questa opera fra mano e, per dirvi il vero, per questi tempi così sinistri con poche faccende alle mani, perché gl’ori si spendono ora in altro che in mescolarli con le sete, e ha carico di figluoli, desiderrebbe grandemente, che questa occasione, che è nata, gli giovassi a qualcosa; né io lo desidero punto manco di lui. E questo si potrebbe fare facilmente; ché poi che Sua Santità è uscita delle mani di Don Diego, egl’è facil cosa che, come sogl[i]ono fare tutti i pontefici, egli vogl[i]a fare un paramento ricco e qualche peviale straordinario per uso suo, con sua imprese e armi, come hanno fatto gli altri; che questo medesimo ne ha fatto a Clemente e Paulo belli e ricchi, come dovete sapere e forse vedere. E per esser lui persona ghiribizzosa e valente in quella sorte di disegno, ha fatto non so che disegni di piviali di sua fantasia, i quali et io e altri gli abbiamo confortati a mandare per via de’ sua mercanti ordinarii, che hanno in mano l’impresa; perché questo non può nuocere a nulla, e potrebbe destare ne l’animo di Sua Santità o, quando la vi fussi, accenderla più una volontà di entrare in qualche impresa onorevole. E tanto più, quando nascendone occasione, che non vi potrà mancare, ché sarete chiamato alla venuta del drappo e de’ disegni, che voi la favorissi e ci spendessi in favor suo e per amor 2 parole. E quanto a’ disegni, se interamente non vi satisfacessino, si possono e in tutto e in parte mutare e scambiare e alterare; e a lui sarà sommo piacere, che vi mettiate la mano voi.
Puossi ancora nel tessere far mille belle varietà, come i fogliami et imprese d’oro e campi d’argento e altri modi etc. Ècci un modo ancora che l’ ha costui di tessere straordinario e di bellezza e di richezza, che io non lo so così dare ad intendere; ma bisognando, si vedrebbe ogni cosa. In somma egl’è in questa arte valentissimo e da far ogni cosa dificilissima, facile. E Vostra Signoria conosce l’animo mio; e la prego, che in quello che ella può gli faccia favore, che fare’ piacere a me e farà un benefizio a persona che lo merita, e che n ‘ha bisogno, che verrà a essere carità doppia, et anche appresso sarà causa di far fare al Padre Santo una cosa onorevole etc.
Di nuovo abbiamo in Santa Maria del Fiore in su l’altare maggiore un Cristo morto del Bandinello, che, Dio lo benedica, è grasso e fresco e per dirvela in una parola somigla ogni altra cosa che Cristo morto; né credo, che in tutta questa città sia chi ne dica bene altri che lui etc.
Ècci, come dovete sapere, Don Giulio Corvatto, che lavora certi quadretti per Sua Excellenzia, che sono cosa divina, che non iersera, l’altra, Niccolò del Nero e Baccio Barbadori mi menorno a vedern’ uno bellissimo; dove ragionamo assai di voi, e mostrò d’esservi amicissimo.
Io penso lunedì mattina partirmi di qui per ire al Borgo e fare la via da l’eremo per veder qualcosa di vostro, poi che io non posso veder voi; e alla tornata mia vi scriverrò. E perché io starò lontano da casa 3 o 4 settimane, in questo mezzo non durate fatica a scrivermi; ma da 3 settimane in là sia in arbitrio vostro, che io arò caro alora mi scriviate 2 versi, per sapere quel che possiamo sperare di questa opera de’ drappi. E mandando le lettere per via di Raffaello, mio fratello, verranno bene etc. Ultimamente vi ricordo la sanità, che non vi affatichiate tanto che, e per questo e per l’aria v’ammaliate, ché assai farete, se starete sano, e con la vita vi potete promettere ogni cosa; sì che in questo tempo e in cotesto luogo ora è a proposito aversi cura straordinaria. Né dirò altro. Io mi vi raccomando etc.
Di Badia el dì di San Bernardo del 52.
Tutto vostro
Don Vincenzo Borghini.
Al molto Onorando Messer Giorgio Vasari, pittore excellentissimo e suo quanto fratello. Roma. Nel banco di messer Bindo Altoviti.

Bibliografia: Frey 1923, pp. 332-335; Borghini, Carteggio 2001, pp. 345-348.