Scheda

Numero d'ordine: 254

Data: 1 01 1557

Intestazione: MICHELANGELO BUONARROTI IN ROMA A GIORGIO VASARI IN FIRENZE

Segnatura: ASA, AV, 12 (XLVI), c. 11.

Fonte: Messer Giorgio, amico caro.
Io chiamo Idio in testimonio, com'io fu’ contra mia voglia con grandissima forza messo da papa Pagolo nella fabrica di Santo Pietro di Roma dieci anni sono; e se si fussi insino a oggi seguitato di lavorare in decta fabbrica, come si faceva allora, io sarei ora a quello di decta fabbrica ch’io ho desiderato per tornarmi costà. Ma per mancamento di danari la s’è m[o]lto alentata e allentasi, quando ella è g[i]unta in più faticose e dificil parte, in modo che abandonandola ora, non sarebe altro che con grandissima vergognia perdere tucto il premio delle fatiche che io ci ho durate in decti dieci anni per l’amore di Dio. Io v’ho facto questo discorso per risposta della vostra, perché ho una lectera dal Duca, che m’ha facto molto maravigliare, che Sua Signoria si sia degniata a scrivere e con tanta dolceza: ne ringrazio Idio e Sua Eccellenzia e quanto so e posso.
Io esco di proposito, perché ho perduto la memoria e ‘l cervello, e lo scrivere m’è di grande affanno, perché non è mia arte. La conclusione è questa di farvi intendere quello che segue dello abandonare la sopra decta fabrica e partirsi di qua: la prima cosa, contenterei parechi ladri e sarei cagion della sua rovina e forse ancora del serrarsi per sempre. L’altra, che io ci ho qualche obrigo e una casa e altre cose, tanto che vagliono qualche migliaio di scudi, e, partendomi senza licenza, non so, come s’andassino. L’altra che io son molto mal disposto della vita e di renella, pietra e fianco, come hanno tucti e’ vechi; e maestro Eraldo ne può far testimonianza, che ho la vita per lui. Però il tornar costà per ritornar qua a me no ne basta l’animo, e ‘l tornarvi per sempre ci vole qualche tempo per asectar qua le cose, in modo ch’io non ci abbi più a pensare. Egli è ch’i’ parti di costà tanto che, quand’io g[i]unsi qua, era ancor vivo papa Clemente, che in capo di dua dì morì poi.
Messer Giorgio, io mi racomando a voi e pregovi, mi racomandiate al Duca, e che facciate per me, perché a me non basta l’animo ora se non di morire; e ciò che vi scrivo dello stato mio qua è più che vero.
La risposta, ch’i’ feci al Duca, la feci, poiché mi fu decto, ch’i’ rispondessi, perché non mi bastava l’animo scrivere a Sua Signoria, e massimo sì presto; e se io mi sentivo da cavalcare, io venivo subito costà e tornavo, che qua non si sare’ saputo.
A messer Giorgio Vasari, amico carissimo.

Bibliografia: Vasari 1568, II, p. 760; Bottari-Ticozzi 1822-1825, I, pp. 6-7; Milanesi 1875, pp. 544-545 (fine maggio); Frey 1923, pp. 477-479 (22 maggio 1557?); Michelangelo, Carteggio, 1965-1983, V, pp. 105-106 (22 maggio 1557?).