Numero d'ordine: 274
Data: 12 05 1558
Intestazione: GIORGIO VASARI IN FIRENZE A COSIMO DE’ MEDICI IN PISA
Segnatura: ASA, AV, 13 (XLVII), cc. 8, 13.
Fonte: Illustrissimo e Eccellentissimo Signor mio.
Messer Lorenzo Pagni, segretario di Vostra Eccellenza Illustrissima, mi venne a trovar oggi, dandomi nuova del felicissimo sponsalizio della Signora Dognia Lucrezia, che molto mi rallegrò. E così discorrendo sopra i preparamenti, che successivamente doverrà Vostra Eccellenza Illustrissima fare per l’onoranza di tal maritaggio, mi trovo le stanze di sotto più tosto, a volersene servir di tutte, indreto che altrimenti. Ma le non sono anche di sorte indreto, che con uno spediente, che metterò innanzi a Quella, Vostra Eccellenza Illustrissima non se ne possa servire.
Primamente le stanze di sopra sono di serrature e di finestre e porte asolute, di maniera che Quella gagliardamente se ne può servire. Ma bisognierebbe la sala di sotto, dove son le storie di papa Leone, veder, che poi che io ho il palco sì innanzi con le storie, io per di qui a San Giovanni il finissi; che se bene non sarà messo tutto d’oro, o mancassi qualche cosa, finito le feste o ‘l servirsene, si può tornare a rifarvi il ponte per dargli fine; perché di drento son le storie e l’altre cose tanto innanzi, che si potrà scoprire, avenga che le cose finite faranno conosciere a ogni uno quelle che sono abozzate.
Resta solo, che il mattonato non vi s’è pensato di farlo così ora, spettando metter su prima le finestre di fuori del palazzo. Che a questo ci è un remedio spacciativo: che al presente si tolga tanti quadroni, e in X dì si mattoni, che poi si smattonerà e rimattonerassi di sopra la sala della fonderia; e così non andrà male se non duo some di calcina. Perché mattonata, ci si potrà mangiare, e che sarà quella con le tre camere finite e dipinte fino in terra, cioè quella di Cosimo Vechio, quella di Lorenzo V[ecchio], e quella di Vostra Eccellenza Illustrissima, che son finite e mattonate, eccetto la di Vostra Eccellenza, che per ora si farà coi quadroni per farla anche quella al suo tenpo come l’altre.
E la capella sarà finita del tutto a tale, che le scale principali e le segrete, che tutte son oggi finite afatto, si potranno adoperare per le stanze di sopra, e quando paressi a Quella di levar via la fonderia, che saria una savia elezione, si potria asettarla con lo inbiancarla o paralla, di maniera che, oltre che leveresti il fuoco e il funmo, che ha già rovinato e rovina tutta quell’opera, si leverebbe una bacanalia che oggi è diventata.
Pur a questo e a ogni altra cosa rimetterommi, come senpre ho fatto, al giudizio di Vostra Eccellenza Illustrissima e questo, che io dico, non nascie se non per comodar Quella e onoralla senpre, e perché questa spesa fatta vi sparammi e vi facci pro. E se questo disegnio mio vi satisfà, Quella con maggior prestezza cene facci tocare un cenno, perché farò volare ogni cosa. Intanto io vado seguitando l’opera, ancora che X giorni sia stato intorno a mia madre, quale passerà a l’altra vita, tosto sendo rimastovi poco spirto, e per avere tutta la brigata Arezzo, son forzato non abandonalla.
Restami a dirli, che non ho replicato alla conmessione, che io non lassi ritrar niente de’ ritratti del Museo. Questo l’ho fatto, ch’el Gello, che ne fa fare di questi che son per Fiorenza, me n’ha chiesti; e io non ho voluto dargniene, con dirli, che ricerchi Vostra Eccellenza Illustrissima Gli ho ben dato de disegniati da me di questi che son per la città, come il Pico, il Petrarca, Dante, il Boccaccio e simili, e a questo non sarà nessuno che senza l’ordine Suo facci niente.
Della pianta del palazzo di costì non ho ancora cominciato a distender niente, ma sì bene a ghiribizzar qualcosa, poi che Quella alla mia lettera non mi tocò altro, e da poi che siamo stati tanto, fino che non ho altro ordine da lei, non farò altro, e a Quella con tutto il core mi offero e raccomando, pregando Iddio, che acrescha la felicità Sua con quella grandezza e perpetuità che Ella stessa dessidera.
Di Fiorenza alli XII di maggio MDLVIII.
Di Vostra Eccellenza Illustrissima
Umillissimo Servitore
Giorgio Vasari.
A Giorgio Vasari. Quanto alle stanze seguita pur il tuo ordine e non alterar niente dello già ordinato e concertato, perché questa cosa non vogliamo che punto inpedisca questo altro effetto, sì che di presente non innovar cosa alcuna. Quanto al resto bisognierà ben pensar d’un bello aparato per una comedia e ire fantasticando cose da simil feste, delle quali il di per il caldo, quando ti riposi, tu potrai andar, rivolgendo per la mente per conferircelo alla Nostra tornata. Della fonderia manco vi occorre far altro, sino che altro non deliberiamo. De’ ritratti sta benissimo. Della casa da farsi qui, sendo venuto qua Bartolome [Ammannati] e ‘l mio modellaccio, già siamo resoluti; ma ci sarà tempo ancor a rifar mille disegni.
Allo Illustrissimo e Eccelentissimo Signor, il Signor Duca di Fiorenza, Signor e Patron suo Obss. Mo. A Pisa. In man propria.
A Giorgio Vasari
Bibliografia: Frey 1923, pp. 501-504.