Scheda

Numero d'ordine: 298

Data: 14 12 1559

Intestazione: VINCENZO BORGHINI IN GLI ALBERI A GIORGIO VASARI IN FIRENZE

Segnatura:  ASA, AV, 14 (XLVIII), cc. 21-22.

Fonte: Messer Giorgio mio.
Non dite poi, ch’io non vi voglia bene e che le cose vostre non mi sieno a cuore, ché stanotte non ho quasi mai dormito per pensar alla faccenda vostra. Così vi dirò quello che fra ‘l dormire e ‘l veghiare mi par aver farneticato.
La volta ha due parti, la prima riquadrata, che ha nel mezzo el quadro di Salamone, che dorme e intorno otto quadretti minori. La seconda poi è quel pezzo di volta a botte, dove vengono tre quadri, uguali di grandezza a quello di Salamone. El disegno mio sarebbe disegnare in tutta questa volta le actioni d’un principe grande, giusto e onorato, come è il nostro, e perché elle si dividono in due, cioè o per arte di pace o di battaglia, nella parte maggiore vorrei l’actioni della pace e del governo de’ popoli, dove s’è fatto buon principio; perché non solo il quadro di Salamone è accomodato a questo fine, ma ancora l’acto del dormire torna benissimo a l’uso di quella stanza, e dico accomodato a questo fine, perché torna troppo bene questa imagine di Salamone, che avendo edificato el tempio a Dio e fatto le sue orazioni etc., in dormendo poi gli apparve Dio e dicendogli, che e’ chiedessi che grazia e’ voleva, rifiutando e ricchezze e gloria etc., chiese solo sapienzia e prudenzia per governar il popolo suo etc. che insieme mostra, che d’ogni cosa s’ha a ricorrer a Dio e quel che è necessario a governar un popolo bene.
Ne’ quadri, che gli sono poi intorno, metterei li acti particulari di questo governo, come sarebbe la giustizia, la misericordia, la protectione de’ virtuosi, la diligenzia delle cultivazione a benefizio de’ popoli, la cura de l’abondanzia e brevemente otto cose che vi paressino più a proposito a questo concepto, e questo si potre’ far in duo modi, o figurando otto principi, stati singulari in qualche di queste actioni, co’ contrasegni e modi, che facilmente si dessi ad intender questa intenzione. Ma perché lo spazio, dove hanno a ire le figure, è molto piccolo, e difficilmente vi si può accomodar cosa che senza grande aiuto possa da se medesima dar ad intender questo concepto, se non vi si aggiugnessi scrittura, che mi par sempre da fuggir quanto si può, io sarei d’opinione di farvi come otto rovesci di medaglie, che co’ figure e contrasegni, a similitudine de l’antiche, facessino questo offizio loro. Come verbi grazia volendo mostrar, che gli ha a esser cura del principe, ch’el paese suo stia abbondante di vettovaglie, e che gli è onor suo tener discosto le carestie a benefizio de’ popoli suoi, fare’ quella ANNONA che si vede nelle medaglie de’ principi Romani, co’ lo staio, co’ le spighe sopra, col corno della Dovizia sul braccio, con una mezza nave drieto etc.; e così di tutte le altre. Della qual cosa ne potrei poi parlar a bocca; e voi in questo mezzo ci andrete pensando, e così farò io, aggiugnendo solo, che voi consideriate, se le si potessino far di stucco bianco in campo nero o in su quelle pietre genovese etc., che si potrebbono poi appiccar lassù, lavorate che le fussino fuor di casa; e verrebbono fatte in un tratto.
Della volta a botte, per che e’ v’è tre quadri maggiori, e per consequente un po’ più libertà di allargarsi nel disegno, io vorrei pur far figure come quelle di Salamone, e qui vorrei disegnar la parte della guerra e crederei, che in questi tre quadri si potessi molto bene e argutamente esprimere tutte le parti che l’ha d’aver; e se voi non avete meglio, vi darò il disegno mio, con patto espresso, che accettandolo voi, voi m’abbiate poi a dar e’ disegni vostri:
Nella guerra s’ha a considerar, come in tutte l’altre cose, el principio e motivo suo, il quale ha a esser o necessitato o giustissimo; il mezzo e processo di essa, che ha a esser pieno di prudenzia, di vigilanzia e di valore; il felice fine e victoria, che ne segue, ha a esser sempre accompagnato di clemenzia, di grandezza d’animo e di commodo de’ popoli quanto si può: talché gli apparisca, che un principe si muove con ragione, l’esseguisce co’ virtù e la termina co’ clemenzia. Per questo, da poi che gli è difficil cosa trovar tutte queste parti in un solo, e anche perché alla vaghezza della pictura si ricerca varietà e copia, nel primo quadro io disegnerei Carlo Magno Imperador, uomo giustissimo e valorosissimo, il quale in tante guerre, che e’ mosse in Italia, in Germania, in Affrica e in Spagna, sempre ebbe principale obietto exaltar la fede di Cristo o cacciar gli infedeli de’ luoghi occupati da loro o convertirli alla fede di Cristo o difender la chiesa, travagliata da tiranni Longobardi; e in somma non mosse mai guerra senza somma ragione e giustizia, e questa figura la accompagnerei in modo, che e’ si dichiarassi più che fusse possibile questa intenzione, come sarebbe aggiugnerli acanto la Religione, la Giustizia, no’ quella che si dipigne co’ le bilance e co’ la spada, ma quella che con altro nome chiameremo Ragione etc.
Nel secondo metterei Cesare o Scipione o un simile, che nello esseguir le guerre furono valentissimi e vigilantissimi; e in compagnia loro metterei una Minerva o simil fantasia che aiutassino aprir questa intenzione. Nel terzo poi metterei Davit, re valorosissimo, ma che particularmente ebbe questa proprietà d’esser nelle victorie sue temperatissimo e clementissimo; e s’ingegnò di salvar sempre ognuno, e pareva che tutte le sue guerre fussino fatte per accomodar e no’ per distrugger, e co’ lui farei ceppi e manette spezzate, prigione rotte, arme nel fuoco etc., e quelle cose che più vi paressino a proposito, e così aresti in poco spazio amplamente dichiarato la cagione, il modo e il fine delle guerre.
E se questo mio discorso vi piace, potrete andar disegnando e metterlo in opera quanto che no.
Nel mio orto per ancora non è migliore erbe che queste; e potrebbesi anche scambiar qualcuno di que’ nomi che io ho messi, secondo che le fantasie e i gusti son diversi, benché s’io avessi a far, io vorrei sempre, che il Duca, a sadisfazzione del quale s’hanno a far principalmente, ci avessi la sadisfazzione del gusto suo.
Se di sopra è qualche errore, voi saprete, che s’è scritto inanzi dì per uno mio prete, che io ero nel letto e quasi dormivo e non l’ho ritocca altrimenti.
Se stamani venissi a desinar qui meco, vi aspetterei fino a 19 ore e non più; e parleremo a dilungo etc. State sano e amatemi e serbate questa, acciò me ne possa ricordare, caso che la vi piaccia, altrimenti stracciatela.
Dalli Alberi a 14 di dicembre del 59.
Don Vincenzo.
Voi potrete dire al garzone mio, se vi aspetto a desinare.
Al Molto Magnifico messer Giorgio Vasari, mio osservandissimo.

Bibliografia: Frey 1923, pp. 526-531.