Numero d'ordine: 501
Data: 18 04 1564
Intestazione: GIORGIO VASARI IN FIRENZE A COSIMO DE’ MEDICI IN PISA
Segnatura: ASA, AV, 31 (XLV), c. 111.
Fonte: Illustrissimo et Eccellentissimo Signor mio. È già sei giorni che io tornai d’Arezzo dove io ho messo nella pieve il mio lavoro della tavola, il quale riescie molto ricco mediante cinque ordini di scaglioni di trevertino, che isolati, li girano dinanzi e di dreto allo altar maggiore, che è tutto con l’inbasamento di marmi e porfidi; et ha di dreto un altro altare, che posa sopra dua balaustri, voto sotto, nel quale è una cassa di mischio grande, dov’è locato l’ossa di 4 santi. È posto sopra questo basamento un predellone, alto dua braccia, il quale ha un ciborio rico, tutto d’oro, che risponde di dreto e dinanzi ai dua altari, dov’è drento il santissimo corpo di CRISTO, che serve a comunicare il popolo di dreto e dinanzi, separando le donne da gli uomini.
Nel qual predellone sono XVIII storie di figure di mezzo braccio, a proposito del Sagramento. Posa sopra questo l’ornamento di tutta l’opera, che rilega et adorna con cornice intagliate e frontoni, alto braccia XII, tutto messo d’oro e finto di marmi e pietre mischie, che paion vere. Ne’ vani del quale è posto dinanzi la tavola, che riebbi a Roma dal papa: dov’è Cristo, che chiama dalle reti Pietro et Andrea, Zebedeo, Giovanni et Iacopo allo apostolato; con dua quadri dalle bande: dove in uno è San Donato e Santo Stefano con un tondo di sopra, drentovi la Fede; nell’altro è San Pauolo e San Giorgio; et il tondo che han sopra vi è la Fortezza. Nelle teste di questa tavola, perché la rivolgie, v’è duo quadri simili, uno per testa: che in uno è Santo Antonio Abate e San Francesco l’altro; e nel suo tondo di sopra vi è la Pazienzia. Nell’altra testata vi è San Lazzaro e Santa Maria Madalena, e nel suo tondo di sopra la Carità.
La tavola, che è dirieto allo altro altare, vi è San Giorgio a cavallo, il quale avendo rotto la lancia et infilzato con essa il serpente nella boca e nella gola, mentre il cavallo fuggie quello animale, che par che se gli vogli con le ale aperte lanciare adosso, San Giorgio rivoltandosi, con un man rovescio mostra tagliarli il collo. Sono intorno a quello animali morti, mezzi mangiati, et ossa divorate da lui. Dal cielo viene uno splendore, che mostra la grazia e la liberazione di quella fanciulla, quasi tremante, spettando d’esser devorata.
Ha sopra uno epitaffio con lettere che mostrano, che chi confida in Dio, vince la superbia et i veleni della invidia di tutti e mostri; et dicano cosi: cONCVLCABIS LEONEM ET DRACONEM.
È sopra il frontespizio dinanzi una Nostra Donna Asunta, in uno ovato, fatta per il titolo della chiesa, poi che l’altare è dedicato a San Giorgio, avocato antico di casa mia; e sopra detto ovato per fine un crocifisso di 3 braccia, di rilievo, con dua figure tonde che lo mettono in mezzo: l’una è la Nostra Donna e San Cosimo; che queste tre sono l’arme e l’insegnie mie che mi hanno guidato, aiutato e difeso.
Sono nel fine otto candellieri grandi, che tengono otto lumi. E per il vano, ch’è drento, fra una tavola e l’altra, vi è una scala asgiatissima, dove si vano acendere. Sotto gli dua altari fino al piano della chiesa, che è l’alteza degli scaglioni et altari, che son voti, e si scende da uno de’ lati, è una stanza, larga braccia 5 et lunga 6; la quale ha il lume per le teste dello altare per duo grate di marmo straforato, che si vede drento ogni cosa. La quale è tutta lavorata di stuco e di pietra, e sopra uno altare, dove è ossa di santi drento, è murato un tabernacolo di nocie, ferrato, nel quale ho messo drento la testa di San Donato, vescovo e protettore della citta d’Arezzo, con il braccio di San Iacopo interciso et i denti di Santa Apollonia; et drento lanpane senpre di lumi et atorno di fuori a detto altare, che onorano il corpo di Cristo et i corpi e reliquie di que’ Santi. Oltre che ho fatto dua finestre di braccia dua larghe et alte sette nella facciata della chiesa volte a mezzo giorno, che danno lume perfetto et all’opera et a tutta la chiesa coi vetri di mandorle bianchi.
Ma quello che ha fatto meglio che cosa nessuna et ha dato spazio alla chiesa e comodità a’ preti e veduta e grazia a questa opera, è stato l’aver levato io dinanzi il coro di legniame e messolo dreto nella capella maggiore, nel quale fanno le voci miglior tuono; e posti a sedere i popoli nelle banche fra le colonne, liberano le tre navate, e che si vede senza levarsi da sedere tutta la chiesa e levare il Sagramento: che prima per il tramezzo della chiesa e del coro l’inpedimento del leggio si aveva a scaramucciare col capo a vedello.
Ho fatto poi amattonare la chiesa tutta e fatto sopra tutta l’opera un baldachino di braccia 12 largo e braccia 8 per l’altro verso, secondo il garbo dello altare. Né ho mancato far onorata memoria di Lazzero Vasari, picttor famoso de’ suoi tenpi e di Giorgio, suo figliolo, architetto, mio avo, in un quadro da basso; aconpagniandolo da un altra banda coi ritratti di mio padre e di mia madre, l’ossa de’ quali ho tutti insieme collocati ‘n una sepoltura in terra, dreto allo altare nel mezzo di quel coro: nella quale giudico volere insieme, quando piacerà a Dio, riposare queste travagliate ossa, pur che lo spirito sia degnio della gloria Sua.
Posso, Signior mio dolcissimo, doppo Dio, allo onore del quale io ho dedicato questa opera e de’ suoi Santi, ringraziallo di tanto dono et aver obligo e benedire Vostra Eccellenza Illustrissima, la quale coi Suoi santi consigli, danari et aiuti, che mi son valuto dallei da tutte le bande, ho potuto con tante comodità condurre una tanta opera; la quale è stata cagione, che quella chiesa, sì onorata e tanta amica e nel core della città, è rifatta di nuovo e risuscitata da morte a vita, e dato animo al collegio di que’ canonici di tenerla e di ufizialla meglio. E se Dio mi concederà vita, spero anche, con la liberalità che userà verso le mie fatiche Vostra Eccellenza Illustrissima, fargli la dote. Là dove io confesso, che il grande Iddio, che mi fè degnio della servitù di Vostra Eccellenza, ha voluto che io partecipi della grandezza Sua e lasci nella patria mia a’ mia cittadini sì onorato ricordo et illustri la povera casa mia, oggi si può dir felice per i tanti utili et onorati benefizii, riceuti da Lei.
Per il che conoscendo quanto Le son tenuto, io e le ossa e reliquie di que’ Santi, prima in preda alla polvere et ora illustrati per Lei, piglierano dinanzi a Dio et per Quella et per me la protectione e defensione nostra; oltre che quella città, que’ popoli ne restano sì amirati e satisfatti, poiché inaspettatamente e sì presto è venuta loro una opera sì grande e con tante comodità, la quale resterà a’ posteri senpre in onore di quel luogo et in memoria di Vostra Eccellenza e del Suo Giorgio.
Il quale ha ripreso nel suo ritorno l’ordine delle facende di Quella, e ne darò brevemente aviso, se bene lungamente ho fatto della mia tavola sì gran diceria: tutto, perché sia avisato delle mia actioni, credendo però, ch’el vescovo d’Arezzo, che sagrò l’altare e traslatò l’ossa di que’ Santi, gniene abbia per aventura scritto più lungamente.
E tornando alla sala grande, Le dico che n’è alzato cinque cavagli e postovi sopra il tetto, e fra otto giorni saranno finite tutte le mura da tutt’ a dua le bande per alzare il resto; e credo, che per tutto questo mese, secondo che io veggo lavorare maestro Bernardo, arà finito di alzare e coprire fino alla metà della sala: dove maestro Batista, che già è a ordine per metter su il legniame, che l’ha finito di scorniciar, tutto spero che scuorrono, che per tutto questo anno seguente si finisca a fatto ci riuscirà.
La picttura de XXI quadri andrò dandogli fine per forza, che ho pieno e la casa e Santa Croce. E perché sono sconci a maneggiare, vedrò di darli fine per potergli mettere nel palco, perché patirann meno; e sgonbererò le stanze per dar principio a 18 che restano.
L’opera de’ Magistrati conpariscie forte; et alla venuta di messer Sforzo, che sarà di corto, d’ogni cosa sarà di vista raguagliata, così dell’opera di Prato di messer Carlo de’ Medici, quale si finì; e torna benissimo.
El frate con le tavole di Tolomeo lavora gagliardo, e Fra’ Miniato Pitti l’ha aiutato e insegniato molte cose; e sarà cosa rara, scrive a Vostra Eccellenza Illustrissima. Fra’ Miniato e’ vorebbe non so che grazia da Vostra Eccellenza Illustrissima: e perché va a capitolo, Quella gli facci ogni favore.
Lionardo Buonarroti si risolvé, che le figure di via Mozza sieno di Vostra Eccellenza Illustrissima, et gniene fa un presente, acciò Quella si ricordi di Michelagniolo suo zio, et di lui pregandola acettarle per gli oblighi che gli ha con casa Medici et con Vostra Eccellenza Illustrissima; et anche spera portarvi da Roma qualcosa: che sarà qui alla fine di questo mese, perché la sepoltura pensa di porvi cose a proposito, et che la faccian e’ più eccellenti della Accademia. La quale nel mio ritorno ha dato principio a tredici statue per l’esequie et a XV storie di picttura, senza gli altri ornamenti come dal consolo e dalla Accademia arà inteso per l’invenzione, fatta dal Signor luogotenente e da noi 4 sopra questa onoranza; e sarà cosa reale, degnia di questi eccellenti et di questa virtuosa Academia, nata e nutrita sotto l’onbra Sua.
Restami dirli, che se Vostra Eccellenza non fa dar principio a quella muraglia della Madonna della Umiltà di Pistoia, quel che s’è murato, che ha auto duo vernate con ghiacci e pioggie adosso et una state ardente, si guasteranno tutte le pietre vechie, e le nuove non si aconceranno; et hanno i danari sul Monte della Pietà e hanno bisognio di pochi per volta: l’ho detto più volte a Ser Giovanni, il quale mi ha promesso, come e’ fa a ogniuno, di fare; e siamo alle medesime. Lo ricordo a Vostra Eccellenza Illustrissima, per esser cosa pia.
Quella mi perdoni, s’io sono stato lungo, poiché ho auto a scrivere in questa volta le lettere, che andavono nello spazio d’un mese che io sono stato fuori.
E Nostro Signore Dio per benefizio comune di tutti La feliciti et adenpia ogni Suo desiderio.
Di Fiorenza alli 18 di aprile MDLXIIII.
Di Vostra Eccellenza Illustrissima.
Obligatissimo Servitore
Giorgio Vasari1.
1A Sua Eccellenza piace il tuto e di’, seguitate quanto avisate. |
Risposi a la Sua di subito al Duca: par, che avete meso ne la Vostra capella tuti Santi del calendario. Andiane a Pietra Santa. Datemi alcuna de le vostre lettere per pasar il tenpo tra le Grazie.
Il suo Montalvo.
Bibliografia: Frey 1930, pp. 71-76.