Scheda

Numero d'ordine: 658

Data: 8 03 1567

Intestazione: VINCENZO BORGHINI IN GLI ALBERI A GIORGIO VASARI IN ROMA

Segnatura: ASA, AV, 14 (XLVIII), cc. 48-49.

Fonte: Molto Magnifico messer Giorgio.
Voi ci avete fatto stare con sospetto di voi, perché fin giovedì al tardi non si veddono vostre lettere, et io n’avevo vedute di Roma fino in mercoledì di buonora: vedete, per che via le mandate.
Ora in risposta della vostra m’è gratissimo sapere l’arrivo vostro sano e salvo e la sodisfazione di Sua Santità, ed aspetto sapere più minutamente e cosa per cosa quello arete a fare e la tavola, che mi scrivete, che sarà come quella di Badia: non avendo a servire per costì e conseguentemente non si avendo a fare in sul luogo proprio, la potete così far qui com’altrove.
Impacciarvi con l’aqqua di per conto di ponte Sisto son cose d’andarci adagio, ché e’ ci si ha dentro infiniti dispetti e ci si corre molti pericoli, che i fiumi grandi non sono cavalli, che si possa mettere loro la briglia e girarli o voltarli a suo modo; et il popolaccio, come e’ nascie disordine alcuno, non pensa alle piene o alle vote, ma ne dà subito la colpa a’ maestri. Pur voi siate prudente et arete l’occhio a tutto, ricordandovi, se ben io so che non bisogna, che chi è in certo grado d’openione, bisogna che misuri le azzioni sue molto per l’appunto e più pensatamente il doppio che gli altri, perché gli invidiosi e maligni vigilano sempre, se potessero appiccar ferro addosso; e gli amorevoli avendo già fermo nel suo concetto quella grand’openione, ogni minimo disastro o imperfezzione che si vegga ne hanno dispiacere, talché e questi e quegli, benché con diverso animo ed intenzione, hanno che dire. E sappiate che non solo nelle ricchezze, nell’armi, nelli stati, ma ancora nell’arti vostre non è punto minor fatica mantenersi il primo grado che guadagnarlo. Voi avete molte amicizie, accompagniate con molte invidie et però vigilate e misurate bene tutte le azzion vostre.
Eccovi, voi non eri prima partito, che il Baldovinetti ragunandosi i vostri sopra i Magistrati, fece una grande doglienza, che molte di quelle pietre si spezzavano e che bisognava fare e dire e notificare a Sua Eccellenza e voleva a tutti i patti levar il romore.
Il Gondi me ne avvisò e trovandomi agli Alberi e pensando sopra questa materia, ne scrissi una lunga lettera al detto Gondi, nella quale compresi 3 capi: che e’ poteva venire da’ fondamenti e dalla qualità delle mura accottimate etc.; dalla qualità delle pietre, da essere d’una sorte o d’un’altra, che non tutte sono della medesima bontà; et importa assai non solo essere d’una cava o d’un’altra, ma essere di sotto o di sopra o per un verso o per un altro. La 3: il modo del lavorarle, perché una pietra che non sia bene spianata, squadrata et agiustata, com’è messa in opera e non posa ugualmente, non riparerebbe tutto il mondo, che ogni po’ di carico non la spezzasse; e si vede che generalmente da un pezzo in qua le pietre son molto mal lavorate, e che il pensare e provedere a tutto questo era ufizio del proveditore etc.
E tutto questo dissi sì perché mi pareva vero, sì per mettere nel pensatoio quegli che vi volevono mettere altri. Intendo poi, all’altra tornata (perché s’era rimasto di pensarvi e considerarvi e ragionarne un’altra volta), il Puccino discorse, che quel po’ di disordine era in un luogo, dove manifestamente si vedeva che veniva dal fondamento, che fatto in quel tempo, che non passava tutto per una mano, ma ogni arte faceva da sé, che non venivano tanto uniti quanto bisognava; e che si conosceva perché non solo quella pietra avea patito, ma anche la volta tutta e ’l muro sodo di dentro avea pelato un tal poco. E così passò la cosa e forse fermò, che altro non so e doverrete essere avvisato da qualcuno de’ vostri più per l’appunto.
Et io ve lo scrivo sì che lo sappiate, se per sorte non lo sapessi d’altronde, sì perché veggiate quanto è vero quel ch’io vi diceva di sopra: che ci è chi va cercando col fuscellino d’aver che dire; imperò questa è la natura delle cose, che crescono in alto, d’esser più sottoposte a’ venti, che quelle che si stanno terra, terra.
Dello scrivere adesso a Sua Eccellenza per quella materia mi pare un po’ troppo presto. Io indugerei un po’ più qua, come arete un po’ meglio indirizate le cose e sarete risoluto della tornata e della stanza vostra.
Al depositario parlerò e farò il bisogno.
Ho piacere che fra’ Onofrio restasse sodisfatto. Se lo vedete e vorrei lo vedessi, raccomandatemi a lui e che di quel che mi ricerca, vedrò di servirlo di quanto io potrò e più presto che sia possibile. E della cosa de’ Servi, che gli poteva mandar ora per buona sorte il generale la fa stampar ora, che sarà finita fra XV giorni.
Se voi poteste ripescare quel disegno della tavola che mandasti costì, ricordatevi che me lo promettesti e se poteste buscar qualcosa per me, stievi a mente. Così vi ricordo delle imprese e quell’armi principali di costì, co’ loro cimieri; e chiamo armi principali, come sarebbono: colonnesi, Orsini, Savelli, Ceserini, Conti e simil famiglie, che sono nominate per le prime di Roma. E bisognando spendervi qualcosa, fatelo, che di tutto sarò buon pagatore; né accade dipignerle per l’appunto, ma basta schizzarle e segnare i colori con lettere: l’azzurro un A, il giallo un G etc. O vero descrivere tutto a parole, come sarebbe: un lion bianco in campo d’oro etc.
Poi che il Caro è morto, non so a chi sia rimasto le cose del Varchi. Se voi vedessi monsignor Lenzi, faresti un’opera buona confortarlo a mandar fuora quel trattato delle lingue che e’ fece, che stando occulto, non passa senza qualche mala sodisfazione di molti. Il considerarlo e rivederlo non è forse fuor di proposito, ma le dizzioni non par che si possa pretermettere, senza carico di chi n’ha la cura; e qua più presto se ne mormora. Voi saprete dire destramente 12 parole e farci buon’opera.
Jacopo Giunti ha auto una burrasca di male. Sa quel ch’egli ha affare, né si mancherà de l’ordine che lasciasti. Altro per ora non mi occorre, se non che a voi caramente mi raccomando; e salutate gli amici.
Dagli Alberi agli 8 di marzo 1566 a modo di qua.
Vostro tutto
Don Vincenzo Borghini
Al molto Magnifico messer Giorgio Vasari, eccellente pittore et architettore del Duca di Fiorenza, mio osservandissimo in Roma.

Bibliografia: Frey 1930, pp. 308-311.